Fluid Horizons è la creazione della croata Morana Novosel, vincitrice del bando Performance Site-specific 2023, e senza orizzonti certi sembra essere anche l’esistenza degli spettatori, la loro, la nostra; condizione nella quale proviamo a rintracciare lacerti di senso nella deflagrazione che ci ha allontanato dall’Altro.
Se è vero che la felicità è altrove, come suggeriva Čechov, in un clima di fraintendimenti e vizi della comunicazione attuale, la Novosel rivoluziona l’assunto performativo investendo lo spettatore, ormai prono fruitore di estetica con lo stesso atteggiamento – passivo, sopraffatto – imposto dalle piattaforme streaming di intrattenimento, della capacità di assumere su di sé la regia di una riflessione culturale diventando performer lui stesso, il pubblico, con una forza rivelata che è parente prossima di un itinerario psicanalitico di consapevolezza; un percorso non finito, accidentato, reso fragile dall’incertezza umana e dai suoi balbettanti tentativi di direzione.
Voci riprodotte, fonti sonore, stralci di appunti, tasti da premere sul telefono: suggestioni, frammenti di timone per tentare di rimettere insieme le tessere di un puzzle che non combaciano mai. Guerre, pandemie, ignavia, e disinteresse codardo al di fuori dei propri perimetri, ci hanno reso spettatori attenti a una forma imposta; Morana Novosel ci schiaffeggia con il suo dispositivo scenico costringendoci all’azione.
Gli spettatori, lasciati nel limbo di una congerie di fonti, si osservano nell’azione di appropriazione di altri spettatori; in questa risacca fossile di spunti letterari, l’attitudine speleologa del pubblico dirama una trama di sensi che si espande a seconda delle aggregazioni dettate dalla transumanza in atto.
La Novosel sembra, così, non essere interessata alla narrazione nel senso conosciuto del termine ma a una sincronizzazione degli eventi, come una formula matematica che trova continue reazioni; in tal modo, l’artista ci pone in una condizione quasi divina, nello scegliere gli eventi e dar loro significato.
Abbiamo provato a governare il mondo, ad agire come amministratori di una divinità superiore ma abbiamo fallito; guardiamo impassibili, senza coscienza la distruzione compiuta da noi stessi.
Qual è dunque l’epitaffio appropriato per una civiltà?
La Novosel utilizza la città di Venezia per piangere la perdita di umanità; cambiamenti climatici, innalzamenti delle maree, gas serra e riscaldamento globale trascinano questa umanità serenissima nella propria sordità verso un rinnovato concetto di Atlantide.
Forse l’accampamento di congegni di comunicazione della Novosel assurge a una landa di tesori sommersi, a raccontarci cosa eravamo diventati, a testimonianza del futuro dell’uomo: la fine della civiltà non è la fine del mondo; la perdita del nostro habitat di comunicazione ci ha resi molluschi diffidenti. La performance di Morana Novosel ci restituisce le capacità residue da rimettere in gioco per una rivoluzione umana.