Office 24-7 Architecture e Lemon Pebble Architects

Questa installazione è incentrata sul rapporto tra cancellazione materiale e oblio storico.
L’atto di eseguire la ṣalāt – la preghiera islamica obbligatoria – sul terreno di uno sgombero epocale, forzato e razzista è un’azione di protesta poetica. Questo atto di resistenza e rivendicazione costituisce il catalizzatore per questo contributo a The Laboratory of the Future.
Questa è una storia che tocca le radici del capitalismo coloniale, i diritti territoriali, l’estrazione ambientale e le pratiche di sfruttamento del lavoro. La forma proposta è una rovina spettrale, spezzata e frammentaria. L’installazione vuole rendere presenti storie cancellate e interrotte.
In questa storia, la muṣallā (luogo di preghiera) è l’architettura. È rivolta verso la Mecca, funziona senza confini, è il fedele che prega sull’erba, nomade, diasporico. Racconta una rete di comunità, uno spazio piano contrapposto ai muri, ai lotti di terreno e alle demarcazioni: lo spazio angusto di leggi ingiuste.

Collaborazione tecnica
Craig Mayers, Dymeng (Pty) Ltd, MGG Productions (Pty) Ltd, 3rd World Art Crafters, Gavin Olivier, Jessy Olivier, Rebecca Elliott
Team
Office 24-7 Architecture: Samkelisiwe Kunene, Dinah Rabson, Chanél Du Toit, Alexey Rodokanakis
Lemon Pebble Architects and Urban Designers: Althea Peacock, Nicholas Coghlan, Najeeba Soobrathie, Jess-Sherita Aungunu, Aa’ishah Begg
Con il supporto aggiuntivo di
Belgotex Floorcoverings (Pty) Ltd, Africa Futures Institute, Moghul Park Masjid Jamaat, University of the Witwatersrand School of Architecture and Planning, Evan Lockhart-Barker, Edward Colle, Sajid Dawray, Khalil R Dawray, Keith Anderson, Priyan Moodley, Andrew Boyazoglu, Angelique Shippon, Talhah Thokan, Mahdiyah Thokan, Sa’ad Sharif, Ubaidullah Sharif, Sabiha Sirkhot, Widaad Mahamed, Ilhaam Mahamed, Muaaz Mahamed