Claudia Andujar è sopravvissuta al genocidio nazista grazie all’esilio e la sua vita è segnata da un passato di guerra e sterminio. Il suo lavoro racchiude un repertorio di immagini che vanno ben oltre la fotografia puramente documentaria, evocando, dal punto di vista della cosmovisione indigena, quanto a noi risulta invisibile. Nella serie intitolata A casa (1974), l’artista riprende la vita quotidiana degli Yanomami occupati in faccende domestiche. In una delle fotografie della serie, un bambino appare illuminato dalla luce che, attraverso delle fessure, filtra nell’ambiente buio di uno yano (casa collettiva), trasformandolo in una manifestazione visiva dell’assenza di separazione tra la vita nella foresta e l’incorporeo mondo spirituale degli xapiri. Nella serie O reahu (1974), l’artista documenta un’importante cerimonia funebre. In queste fotografie in bianco e nero, i partecipanti appaiono ornati da piumaggi di uccelli, mentre la luce che filtra dalle fessure illumina nuovamente l’ambiente circostante. I punti di luminosità che penetrano negli spazi collettivi di abitazione, lavoro e rituali registrati da Andujar contribuiscono a comporre un ambiente onirico.
L’opera di Claudia Andujar è esposta per la prima volta alla Biennale Arte.
—André Mesquita