Se il brillio delle stelle mi fa male, se è possibile questa comunicazione lontana, è perché qualcosa che forse assomiglia a una stella mi freme dentro
Clarice Lispector
La musica è la stella dentro. È il desiderio di cose grandi, di vastità. Scintilla di mondi, ci apre all’infinito. Vibrazione che permea il cosmo e ci attraversa con meraviglia, dalla molecola al moto planetario, il suono trasporta fuori dai confini dell’ego e apre all’incontro con l’altro - l’ignoto.
In questa risonanza, c’è ascolto profondo, radice prima dell’empatia: in un suono si rivela l’interconnessione che anima tutto il vivente. È proprio in questo ascolto profondo dell’altro, in questo esercizio di trascendenza, che la musica può ritrovare oggi una sua forte valenza socio-politica, aiutandoci a superare posture di pensiero antropocentriche e sperimentare modi più ecologici di coesistere che rispettino le complesse costellazioni di forze umane e non umane che attraversano il nostro universo.
Un esercizio di empatia si rivela particolarmente significativo oggi per navigare le sfide e le incertezze legate al futuro della nostra sopravvivenza come specie umana nello scenario di continua crisi e collasso globale che ci troviamo a fronteggiare quotidianamente.
Il Festival si propone di esplorare il tema della musica cosmica. Musica generativa - genesi di mondi, cosmogonia. Musica come organismo vivente, forma autopoietica in grado di auto-evolversi e sviluppare le proprie leggi — metafora del cosmo. Musica che rispecchia e manifesta la natura nel suo divenire, rendendone percettibili i processi di creazione e trasmutazione. Musica che insegna a stare nel presente: passato e futuro collassano nell’istante ora. Siamo in ascolto profondo, interconnessi e in continua trasformazione: c’è intima risonanza con l’universo. In questa risonanza, la musica risponde al bisogno dell’uomo antico e moderno di dialogare con qualcosa di più grande di sé stesso, che trascenda l’esistenza individuale e lo avvicini alla dimensione dell’inconoscibile. Un dialogo intimo che trasforma l’individuo e la collettività, nutrendo il senso di comunità e creando occasioni di catarsi e coesione sociale. La musica è agente di cambiamento.
La musica cosmica non è un genere o uno stile. Con questa definizione poetica, non si fa riferimento a uno specifico stile o una tradizione musicale quanto piuttosto al potere generativo della musica di creare nuovi mondi, oltre rigide definizioni di genere o affiliazione storica.
Nella mia curatela per la Biennale Musica vorrei avere uno sguardo sul contemporaneo il più vivo e fluido possibile rappresentando la musica del presente nella sua ricchezza e diversità. Vorrei celebrare la permeabilità del linguaggio musicale e la sua innata capacità di mutare pelle. Nell’estasi dell’ascolto, si dissolvono rigide nozioni di tempo e spazio: la musica ci insegna molto sulla relatività e i limiti della percezione umana. In questo, è simile a Venezia e alla sua vocazione alla mutevolezza: i giochi di riflessi, le fughe prospettiche, il movimento perpetuo di acqua e luce che dissolve i confini e apre allo spazio del molteplice e dell’infinito.
La fissità di pensiero diventa obsoleta e ci si apre al cambiamento. Nella mia curatela vorrei dare voce a questo cambiamento, nutrendo un’idea di musica come portale nel futuro e immaginazione dell’impossibile.
Il programma del festival affonda le sue radici nella musica elettronica e nel minimalismo, ma si dirama in molteplici direzioni che esplorano le connessioni tra passato e presente, giustapponendo tradizioni musicali apparentemente distanti tra loro in termini di stile, epoca, geografia ed espressione comunitaria. Ci sono incursioni nella musica antica, nei suoni contemporanei, nel folk, nella drone music, nella techno e nell’afrofuturismo. Una programmazione concepita per la risonanza, che offre una visione il più possibile vivida e fluida della contemporaneità, rappresentando la ricchezza, la diversità e l'inclusività della musica attuale.
I progetti musicali presenti al festival spaziano da alcune figure pionieristiche della musica elettronica, drone e minimalista, quali Laurie Spiegel, Catherine Christer Hennix, Suzanne Ciani, Moritz von Oswald e Eliane Radigue, a nuove voci del minimalismo contemporaneo quali Ellen Arkbro, Bendik Giske, Maxime Denuc, Enrico Malatesta, Agnese Menguzzato e FujIIIIIIIIIIIta; da emanazioni selettive di musica polifonica antica, come Guillaume de Machaut nell’interpretazione di Grandelavoix, ai maestri della sperimentazione Novecentesca quali Giacinto Scelsi, Xenakis, Ligeti e Kurtag; dalle icone dell’astrazione ambient, glitch e computer-music quali Basinski, Fennesz e Aleksi Perälä a progetti di culto drone metal quali Sunn O)), dal folk cosmogonico d’avanguardia di Chuquimamani-Condori agli universi espansi tra maqam arabo, jazz e poesia Sufi di Abdullah Miniawy, da leggende della techno quali Carl Craig a manifestazioni più recenti di sperimentalismo afrofuturista e altre forme di avanguardia elettronica di matrice nera (Actress, Nkisi e DeForrest Brown Junior), dall’hyperpop multidisciplinare di Ecco2k alle sperimentazioni tra free-jazz, impro-noise e elettronica di artisti singolari quali Rafael Toral e Mabe Fratti.