Tom de Paor
Non ho mai visitato questa chiesa, ma la conosco. La prima di queste superstrade dell’informazione è l’epifania inversa di Venturi – una versione riveduta – in apertura. “Ho visto la Chiesa dell’Autostrada qualche anno dopo aver scritto quanto sopra e devo riconoscere di aver commesso un errore attribuendole del pittoresco; è un bellissimo insieme di luce, struttura e spazio.”
La citazione è un’elegante nota a pie’ di pagina della sua precedente descrizione, quando criticava “il pittoresco voluto della struttura casuale”, forse inevitabile quando si osservano delle immagini, come tutti spesso facciamo.
È accaduto qualcosa tra la prima e la seconda edizione, tra l’immagine e il testo e tra lo spazio e il tempo: Venturi l’ha visitata. Michelucci parlava della sfida di realizzare un punto focale sulla Milano-Napoli, la nuova A1. Diceva di voler costruire una “parrocchia per turisti” nella nuova cultura dell’automobile, da cui l’iconografia del pellegrinaggio: l’attraversamento del Mar Rosso, il viaggio dei Magi e le silhouette delle città in rapida successione. Affermava di voler edificare un edificio senza fine, un nodo sull’Autostrada del Sole.
Close Encounter, un incontro ravvicinato, si riferisce a una classificazione di esperienze dell’ignoto in sequenza e in ordine di prossimità: avvistamento, prova materiale, contatto. Basta pensare al manifesto di Spielberg. Quando siamo vicini abbastanza per sapere? Si tratta di un antico dilemma tra l’architettura e la sua rappresentazione, il paradosso dell’esposizione, della curatela e, ovviamente, dell’insegnamento. Progettiamo a partire dalle percezioni.
Questi sono disegni della Chiesa dell’Autostrada realizzati da lontano, a seguito di un incontro.
dePaor