Regia: | Monica Dugo |
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Produzione: | Cinzia Rutson per Do-Go & C. |
Durata: | 80’ |
Lingua: | Italiano |
Paesi: | Italia |
Interpreti: | Monica Dugo, Romana Maggiora Vergano, Edoardo Boschetti, Francesco Gheghi, Angelo Libri, Annalisa Insardà, con l’amichevole partecipazione di Sandra Collodel
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Sceneggiatura: | Monica Dugo con la collaborazione di Massimiliano Nardulli |
Fotografia: | Gianni Mammolotti |
Montaggio: | Paola Traverso |
Scenografia: | Emanuela Zappacosta
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Costumi: | Nicoletta Taranta |
Musica: | Pier Cortese |
Suono: | Yann Fadanelli
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Come le tartarughe
Sinossi
Roma, centro storico. Daniele, Lisa e due figli: Sveva, ragazza adolescente. Paolo, sette anni. Famiglia perfetta e una vita che sembra perfetta. Ma non lo è. Daniele un giorno svuota la sua parte dell’armadio e va via.
Lo shock e l’impreparazione a un evento simile, ma anche la consapevolezza che l’allontanamento sarà definitivo, sono per Lisa un trauma devastante. E con la calma che la contraddistingue, reagisce infilandosi nell’armadio che trova svuotato.
L’armadio diventa rifugio, nascondiglio, un posto dove sospendere il tempo, dove nascondere il dolore e provare a curarlo. Sveva, adolescente matura ed energica, vede solo l’assurdità della cosa. Pian piano però si avvicinerà a Lisa, accettando il suo comportamento bizzarro, capendo il suo dolore. Paolo sembra non giudicare e il suo legame con la madre non viene meno, è solo stordito, confuso, tenero, dolente. La vita dentro l’armadio è tragica ma allo stesso tempo comica, ed è buffo che sia stata Lisa, all’inizio della storia, ad averlo voluto così spazioso, non certo pensando di abitarlo. Daniele non tornerà a casa, Lisa uscirà dall’armadio: non sarà la fine del dolore, ma il primo passo verso la consapevolezza di doverlo affrontare.
Commento della regista
Il mio film è partito da un immagine: un armadio vuoto.
Ho pensato se una donna, travolta da un dolore non sostenibile e inaspettato, avrebbe potuto ficcarcisi dentro. Cosa sarebbe filtrato dalle sue fessure e cosa avrei mostrato del suo interno. Spiando la protagonista, mentre nasconde il suo stato d’animo senza colore, attraverso camicette colorate. L’armadio diventa un personaggio, assiste e accoglie, e una volta finita la sua missione può anche morire.
In ogni caso, la prima regola che mi sono data è fare le cose molto seriamente ma senza prendersi mai troppo sul serio. Non indugiare sul dolore, farlo sentire ma levare lo sguardo un attimo prima piuttosto che un attimo dopo.
PRODUZIONE/DISTRIBUZIONE
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