Il tempo incalza
Viaggiare è per definizione sia un avvicinamento
che un allontanamento […] Mi chiedo se il senso del viaggio
non sia in fondo più nel tornare, dopo aver preso le distanze
per vedere meglio, o semplicemente per potere vedere.
Wim Wenders, L’atto di vedere
La consueta domanda – che riaffiora a ogni rinnovato appuntamento festivaliero – su dove stia andando il cinema non trova questa volta risposte semplici né scontate. Non sembra in grado di dare responsi l’industria del cinema, lacerata al proprio interno da soggetti contrapposti e perlopiù arroccati su posizioni di difesa corporativistiche. Non ne vengono a capo neppure i critici, non incerti tra apocalittici e integrati come si diceva un tempo, ma fra scettici delusi e ottimisti ad oltranza sul futuro di un’arte in troppo rapida trasformazione. Sembrano poco interessati a cercare una risposta anche gli artisti, preoccupati soprattutto di intercettare le tante risorse economiche da far impallidire persino il ricordo dell’epoca d’oro del cinema, per cimentarsi nella realizzazione di quanti più film possibile. A scapito, spesso, della qualità che non può non risentire della fretta, dell’accorciamento dei tempi di ripresa e produzione, del mancato sviluppo di sceneggiature che avrebbero bisogno di molta più cura per risultare adeguate e soddisfacenti. Ma il tempo incalza, le piattaforme premono per nuovi contenuti, anche quei pochi Paesi ancora privi di tradizione cinematografica si affrettano a dotarsi di organismi e strutture destinate a favorirne lo sviluppo, il dibattito di corto respiro sulle cosiddette ‘finestre’ e la prevalenza degli algoritmi lascia il tempo che trova, mentre la maggior parte dei titoli che aspirano a una distribuzione in sala sono sospesi nel limbo di un’attesa spesso destinata a durare per sempre.