Peter Zumthor
Nel suo libro Pensare architettura, Zumthor afferma: “In una società che celebra l’inessenziale, l’architettura può opporsi, contrastare lo spreco di forme e significati e parlare la propria lingua. Credo che il linguaggio dell’architettura non sia collegato a uno stile specifico. Ciascun edificio è costruito per un uso specifico in un luogo specifico e per una società specifica. I miei edifici sono un tentativo di risposta alle domande che emergono da questi fatti semplici, nel modo più preciso e critico possibile”. Radicato in Heidegger, il suo pensiero è fondamentalmente collegato all’esperienza del luogo. Dal suo punto di vista, luoghi e spazi sono impressi nei nostri corpi e costituiscono il terreno fertile e il punto di partenza del suo lavoro: “Il processo del pensiero non è astratto, ma funziona con immagini spaziali. Consta di componenti sensoriali”. Il suo senso tattile estremamente articolato gli consente di essere in spazi futuri immaginari e, nello stesso tempo, in esperienze del passato. Inventa spazi che, spera, qualcuno “... ricorderà con piacere”. In occasione di questa Biennale Architettura, Zumthor allestisce per noi un laboratorio con i suoi plastici, offrendoci l’opportunità di esplorare il suo personale viaggio a partire dai pensieri e dai ricordi per giungere alla realtà e ai suoi spazi, che nutrono l’anima.
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