Abbiamo scoperto Carla Juaçaba grazie al suo progetto Humanidade Pavilion 2012 a Rio de Janeiro. Questa struttura di 90.000 metri quadrati era una griglia fatta di ponteggi e nonostante la sua natura radicale ed effimera non si presentava come uno studio sulla forma, bensì come una sorta di astrazione. Al contrario di Cedric Price che, secondo lei, voleva creare un’immagine del futuro, Juaçaba intendeva occuparsi di ciò che era possibile fare collegandosi in maniera diretta alla realtà: “È piacevole pensare di aver trovato un progetto anziché averlo inventato”. E cita il Nobel messicano Octavio Paz: “La figura centrale della nostra nuova visione del tempo è ADESSO”.
Quando Humanidade Pavilion 2012 aprì al pubblico, si formò una coda lunga un chilometro per accedere alla struttura.
I suoi progetti presentano chiarezza nella costruzione e si relazionano con il tipo di terreno sotto le fondamenta e con il settore edile – per il quale qualche volta i disegni non sono necessari – in un clima in cui una natura voluttuosa prende in brevissimo tempo il sopravvento.
Facendo riferimento alle corde realizzate anticamente presso le Corderie e utilizzando il termine nautico Ballast (zavorra, in inglese), Juaçaba porta ai Giardini un’idea del peso e della massa del cemento – e della proprietà tensile della corda – creando totem che sono piacevoli luoghi di relax.
YF+SMcN
Carla Juaçaba
Ballast