La ritualizzazione è uno dei fattori originari nel placemaking, in quanto pone l’uomo al centro dell’operazione architettonica, interpretando l’ordine come strumento che lo mette in relazione con il mondo. In tal senso, l’essenza dell’operazione è fissare un ordine, e non sottolineare la supremazia della forma, che sta attualmente discriminando altri sensi umani, privilegiandone solo uno: l’occhio. Come fa notare David Michael Levin, la brama di potere degli occhi è tale da mostrare una “forte tendenza ad afferrare e a fissare, a reificare e totalizzare; una tendenza a dominare, assicurarsi e controllare”. L’esperienza architettonica è dunque rimasta intrappolata nell’approccio visivo-centrico e in espedienti geometrici. Nel padiglione indonesiano Sunyata tende a esemplificare la produzione di uno spazio architettonico utilizzando il vuoto, l’emptiness, come metodo culturalmente fondato per liberare l’esperienza spaziale dall’oculocentrismo e dall’egemonia delle griglie. Esaltando la sostanza stessa dell’ordine volumetrico spaziale e non i singoli elementi di base, l’interazione di proporzione-scala e tattilità permette al pubblico di essere coinvolto nella mostra.