Guardare dall’oblò
Provo a mettermi nei panni di Cecilia Alemani, Curatrice della 59. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. Ci siamo incontrati per quasi due anni attraverso Internet, inquadrati dallo schermo di un computer, ed è sempre attraverso quello schermo che Cecilia ha visitato centinaia di atelier di artisti in tutto il mondo, navigando fra quadri, sculture, video, installazioni e performance che devono averle dato una percezione molto diversa da quella che avrebbe provato dal vivo.
Se tutto ciò abbia fortemente influenzato lo spirito della sua mostra, non saprei dire. Ma guardare dall’oblò dell’astronave/computer così tanti mondi fantastici, con l’obiettivo di portarli fisicamente a Venezia per mostrarli al mondo, ha certamente rappresentato un’esperienza unica.
Cecilia Alemani (come spesso fanno le curatrici e i curatori, soprattutto alla Biennale) pone alcune domande alla base della sua ricerca. Fra queste, una in particolare mi sembra riassumerle: “Come sta cambiando la definizione di umano?”. Il suo lavoro comincia con l’individuazione di un’ispiratrice, Leonora Carrington, dalla cui arte sviluppa filoni e temi interpretati dagli artisti, che raccontano “la rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosi; la relazione tra gli individui e le tecnologie; i legami che si intrecciano tra i corpi e la Terra”.