La maestria nell’arte ceramica dell’artista hawaiana Toshiko Takaezu viene perfezio- nata dopo un lungo soggiorno in Giappone alla ricerca delle sue origini. Che superino le dimensioni di un individuo, o si tengano sul palmo di una mano, le sue opere dagli anni Sessanta, lavorate al tornio o modellate a mano sono oggetti rotondeggianti, riccamente decorati e rigorosamente cavi che risultano simili a comuni vasi ma non si prestano a conservare alcun materiale. I lavori dalle forme allungate o sferiche, quasi completamente chiuse, delimitano uno spazio inaccessibile allo sguardo, e come l’anima per il corpo, ne definiscono l’unicità. Anche quando installate collettivamente, come nelle serie Trees (1970 ca.) o Stars (1999), questi oggetti mantengono un’identità totemica specifica. Le pareti esterne ricordano la levigatezza dei paesaggi vulcanici da cui proviene, con segni e colature di colore ottenuti dall’immersione in tinte differenti. I bizzarri corpi celesti intitolati Moons (1980–2000 ca.) sono delle sfere di gres con un piccolo foro alla base: decorati con tinte opache e lucide di colore blu e oro, perla e ocra, rimandano a un immaginario cosmologico. Cullate su amache sospese tra gli alberi come nell’installazione Gaea (Earth Mother) (1990), le sculture di Takaezu alludono alla fertilità della natura o del ventre materno.
Stefano Mudu