Il 1964 è l’anno spartiacque che vede la consacrazione dell’arte americana e l’affermazione del linguaggio della pittura astratta, ambasciatrice del liberismo occidentale in Europa. Il commissario del padiglione degli Stati Uniti Alan Solomon invita, nelle parole del gallerista italo-americano Leo Castelli “il meglio di ciò che si poteva vedere nell’arte americana dopo il grande periodo dell’Espressionismo astratto”. Per mancanza di spazio, i lavori degli otto artisti – Jim Dine, Jasper Johns, Morris Louis, Kenneth Noland, Robert Rauschenberg, Frank Stella, John Chamberlain e Claes Oldenburg – vengono presentati in due sedi: il padiglione degli Stati Uniti ai Giardini e la sede dell’ex-consolato degli Stati Uniti a San Gregorio a Venezia.
Il 1968 è l’anno delle contestazioni: mancano pochi giorni all’inaugurazione della Biennale quando gli studenti delle università e delle accademie, solidali con i rivoluzionari di Praga, occupano gli atenei e scendono a manifestare in strada. La Biennale, vista come simbolo della cultura borghese con uno statuto anacronistico, diventa l’obiettivo principale di tutte le contestazioni.
Nei primi anni Settanta lo statuto della Biennale resta il problema più grande da affrontare. All’inizio del 1973 si comincia a discutere a livello governativo della questione e finalmente il 26 luglio il Parlamento italiano approva il nuovo regolamento che svecchia quello fascista ancora in vigore dal 1938. Bisogna però aspettare il 20 marzo del 1974 perché i diciotto membri del Consiglio direttivo vengano nominati da tutte le parti politiche. Nel 1977 si svolge la Biennale del ‘dissenso’, e poi nel 1978 la Biennale Arte sceglie un titolo volutamente non politico: Dalla natura all’arte dall’arte alla natura.