“Di altissima tenuta stilistica nella sua maestosità (Dreyer: “Non il montaggio è lento, ma il movimento dell’azione. La tensione si crea nella calma”), di grande ricchezza psicologica e sapiente rievocazione storica, è una vetta nell’itinerario di Dreyer e nella storia del cinema. Per il regista danese – al di là delle interpretazioni che se ne possono dare - la più terrificante sequenza musicale della liturgia cristiana diventa un inno alla vita e alla libertà contro il fanatismo, l’intolleranza, la cecità spirituale degli uomini”. (Morando Morandini)
“Il soggetto è la religione e lo stile è casto, ma il dramma di Dreyer è in realtà un inno sacrilego al piacere. (…) Passioni furiose irrompono nella sobrietà silenziosa del film: uno scatto in cui Anne, scivolando senza parole, intrappola Martin nel suo sguardo ha la forza della Danza dei Sette Veli. Il dramma anarchico ed empio di Dreyer è un grido di rabbia rivolto all'autorità abusiva, sia essa politica, familiare, religiosa, o morale; celebra l'amore erotico come l'ordine naturale delle cose”. (Richard Brody)