Dramma, in greco, deriva dal verbo drao. In questa piccola unione di lettere si nasconde la forza dell'azione; drao, infatti, significa io agisco, ed è interessante che il dramma agisca o abbia bisogno che noi agiamo, che in qualche modo mettiamo in movimento l'azione e di conseguenza scegliamo o siamo scelti.
Il dramma agisce nell'intimo di ogni spettatore e allo stesso tempo noi agiamo su di lui, ogni sera, nonostante all'apparenza esso resti uguale; in realtà, l’azione che riguarda il dramma è differente proprio perché modificata dagli spettatori, che sono naturalmente ogni sera diversi, individui con storie private uniche e inimitabili. Ogni sera, a teatro, avvengono quei trenta secondi, a volte un minuto, nel quale individui diversi si mettono in comunicazione tra loro e cominciano a respirare insieme, un momento di comunione prima che dal buio della sala si apra il sipario mettendoci di fronte a un nuovo agire, a un nuovo dramma.
Eccoci al terzo e penultimo anno di quest'avventura in Biennale. Il primo anno abbiamo cercato di creare un focus sulla regia, mettendo una lente d'ingrandimento sulle registe europee; ci siamo sorpresi di fronte alla quantità di linguaggi proposti, come se ogni artista concentrasse la propria ricerca sul bisogno di trovare una propria lingua, una personale grammatica di scrittura scenica.
Nel secondo abbiamo provato a indagare se esista ancora una differenza tra attore e performer, e anche in questo caso ci siamo trovati a constatare la ricerca ossessiva di un inedito linguaggio di comunicazione; il rapporto con lo spazio scenico, insieme a quello sempre diverso che si instaurava con il pubblico, hanno contribuito a creare nuove pagine di scrittura teatrale, alcune convenzionali, altre che attingevano alle esperienze dei grandi maestri del Novecento per creare un ponte con questo secolo; opere rivolte a un pubblico che ha oggi a disposizione nuovi mezzi di decodifica.
I commenti più spiazzanti, anche da parte degli addetti ai lavori, si sono rivolti al fatto che spesso gli spettacoli non avessero una storia, come se non ci si fosse mai accorti che importanti autori del Novecento avessero già da tempo creato nuove drammaturgie; scritture che prevedevano e prevedono la destrutturazione di un testo dall'andamento narrativo lineare o autori che si sono spinti persino a distruggere ciò che tradizionalmente chiamiamo personaggio, allontanandosi dalla psicologia e facendo di esso una sorta di manifesto letterario, prosa che diviene letteratura.
A mio parere, il grande scarto è arrivato nel momento in cui, per la prima volta nella storia del teatro, e quindi della drammaturgia teatrale, è stato scritto un intero atto che non prevede parole ma soltanto azioni da compiere, Atto senza parole, appunto, di Samuel Beckett. Credo che dopo questo testo sia impossibile tornare indietro, perché da quest’opera fondamentale si sono aperte nuove possibilità di fare drammaturgia; dopo la rottura operata da Beckett, tutto diventa scrittura: il gesto dell'attore, l'oggetto scenico, la scenografia, il costume, la luce, il suono e ogni cosa che concorre alla realizzazione dell’evento teatrale.
I due primi atti ci portano quindi a questo terzo che proponiamo per la Biennale Teatro 2019, Atto terzo: Drammaturgie; titolo volutamente lasciato al plurale, proprio perché crediamo che, nel ventunesimo secolo, sono tante e differenti le drammaturgie per la scena e, direi, per tutto ciò che concerne lo spettacolo dal vivo. Ci rendiamo conto, senza alcuna presunzione, che a volte non sia semplice parlare di drammaturgie in contesti dove ancora si fatica a fare una distinzione tra autore/autrice e drammaturgo/a, soprattutto senza avere alcuna sudditanza nei confronti del teatro tedesco, dove la presenza del drammaturgo segna la differenza; allo stesso tempo, pensiamo che la drammaturgia esalti i lavori dei registi, degli attori e anche dei Direttori Artistici. Ad oggi, affiancarsi a un drammaturgo e tracciare insieme a lui un percorso drammaturgico è fondamentale per la crescita di tutti e per creare un'autentica connessione con il pubblico.
In questo terzo atto cercheremo quindi di evidenziare diversi tipi di drammaturgia e dell'essere drammaturghi, dal ruolo drammaturgico rivestito dalla Direzione Artistica al regista autore o autrice che mette in scena i propri testi; dal gemellaggio tra registi e autori che scrivono per loro e per gli attori di un ensemble all'artista-performer che traccia percorsi scrivendo per la scena; dalla scrittura propria del teatro visivo a quella del teatro che ha una matrice musicale o che è a stretto contatto con il teatro-danza. Citando per ultima, ma forse prima per importanza, la drammaturgia destinata al teatro-ragazzi, nata per creare un nuovo pubblico, crescerlo e proteggerlo dall'ovvietà, proponendo grande teatro non rivolto soltanto a un pubblico giovane o molto giovane.