Özlem Altın si avvale di un vasto repertorio di immagini autoprodotte e recuperate da fonti diverse. Testi, riproduzioni e stampe da libri, fotografie prese da riviste o sul web, materiali artistici provenienti da collezioni museali, nonché dipinti e fotografie originali sono assemblati dall’artista in collage stratificati e installazioni site-specific. Se da un lato Altın fa riferimento alle strategie visive di appropriazione e ricombinazione di immagini e testi dei mass media utilizzate nella storia dell’arte del XX secolo, dall’altro le sue opere sottolineano narrazioni e interconnessioni che nascono accostando immagini disparate. In questi racconti il corpo è reso centrale ed è presentato, secondo le parole dell’artista, “come mezzo per diffondere conoscenza, esperienze, comunicazione e scambio”. Il nuovo lavoro di Altın Translucent shield (calling) (2022) è un collage di fotografie in bianco e nero, trovate e scattate dall’artista, poi stampate su tela bianca. L’immaginario del collage include fotografie che Altın ha scattato mentre accompagnava un’amica in travaglio e si riferiscono direttamente, o metaforicamente, alla nascita, alla morte, alla forza e alla violenza delle transizioni tra gli stati dell'essere. Ripassata con uno strato di inchiostro bianco trasparente che crea l'impressione di una fotografia sovraesposta o di un'immagine vista attraverso uno schermo di porcellana, l'opera confonde l'interno e l'esterno, creando un diagramma visivo dello spazio limite tra la vita e la morte.
Madeline Weisburg