Tau Lewis trasforma tessuti e artefatti di recupero in talismani immaginari ed esseri magici che popolano mondi fantascientifici. Evocando le opere delle trapuntatrici di Gee’s Bend, i quilt di Faith Ringgold, gli assemblage di Betye Saar, e le oniriche “casette” di Beverly Buchanan, l’artista crea dei monumenti sovversivi, rendendo omaggio alle filosofie dell’ingegnosità materica come un gesto rappresentativo delle comunità diasporiche. Attivando la malleabilità ideologica dei tessuti e la loro storica associazione alla manodopera femminile, Lewis azzera lo spazio tra la sfera artistica e quella politica, soprattutto tra le pratiche tradizionalmente descritte come artigianato, ritualità o arte. L’artista mette i tessuti e la realizzazione manuale al centro di una ricerca su identità, corpo e natura. I suoi corpi di fantasia sembrano nascere da un giardino artigianale e diventare contenitori protettivi in opposizione al mito secondo cui non può esistere una relazione di cura e guarigione tra il corpo nero e il paesaggio. Con la sua nuova serie, Divine Giants Tribunal (2021), l’artista presenta maschere gigantesche di 3 metri di altezza. Cuciti a mano con ritagli di tessuto, di pelliccia e di pelle, questi volti monumentali stabiliscono una discendenza materiale non solo con il lavoro precedente di Lewis ma anche con la simbologia e gli oggetti mitici. Ispirandosi alle maschere Yoruba e agli scritti del drammaturgo nigeriano Wole Soyinka, Lewis mette in scena le mitologie mistiche radicate in queste maschere.
Madeline Weisburg