Nata in America e cresciuta a Roma, Florence Henri si trasferisce a Berlino appena ventenne. Qui, affascinata dal modello femminista della Neue Frau (Donna nuova) diffuso nel dopoguerra, costruisce la propria immagine in maniera ibrida e sfaccettata. Come tante artiste della sua generazione, Henri gioca con i propri tratti fisionomici per raggiungere un’identità fluida: nelle sue fotografie, il corpo è un assemblage di segni che, come nelle composizioni astratte della prima formazione pittorica, possono essere smontati e rimontati, svelati e mascherati. Più che alle avanguardie storiche, questi scatti in bianco e nero si ricollegano al Neue Sehen (Nuova Visione). Fondata intorno al 1927 da László Moholy-Nagy, nello stesso periodo in cui Henri frequenta i corsi estivi alla Bauhaus, la tendenza promuove uno sguardo fotografico caratterizzato da un forte sviluppo compositivo e da una sensibilità surrealista. Anche quando non sono autoritratti o non rappresentano iconici corpi di donne, le immagini di Henri insistono su un’ambiguità spaziale o compositiva che, grazie all’uso di oggetti di scena riflettenti come specchi e tecniche fotografiche come esposizione multipla e fotomontaggio, crea un continuo dialogo tra realtà e finzione. Che si tratti del frammento di una statua greca davanti al mare o di un qualunque oggetto allo specchio, le immagini mettono in scena una tensione tra polarità; alludendo a categorie come maschile e femminile, natura e artificio, vita e morte, provano a immortalarne il punto di equilibrio.
Stefano Mudu