Una delle più iconiche fotografie realizzate da Ida Kar mostra il calco di due mani femminili, perfettamente dettagliate, che emergono da un fondo scuro. I palmi sono congiunti a formare una concavità, incorniciati da un cordolo di materiale grezzo. La piccola scultura sembra avere tutte le caratteristiche di una reliquia religiosa o un prezioso reperto archeologico, ma il titolo dell’immagine Surreal Study (1947) sospende qualsiasi interpretazione definitiva. Nel segno della lezione surrealista del dépaysement (straniamento), nulla impedisce di interpretare questa sacrale gestualità come il simbolo di una maternità o come la traccia di una magica metamorfosi. Sia in Egitto, dove Kar milita tra le fila del gruppo surrealista Art et Liberté, sia negli anni trascorsi a Parigi, l’artista imposta una ricerca fotografica finalizzata a scardinare qualsiasi gerarchia semantica. Tra gli anni Trenta e Quaranta, realizza una serie di fotografie che riportano oggetti più o meno ordinari suggerendo un’interpretazione alternativa, spesso emotiva, delle loro fattezze. L’Étreinte (1940), ad esempio, mostra due ossa animali che, ancora unite da brandelli di carne e posizionate in verticale una accanto all’altra, ricordano, come sottolinea il titolo, due figure unite in un abbraccio. L’occhio fotografico di Kar sottrae questi candidi resti dal loro contesto originale per caricarli di un pathos narrativo drammatico e introspettivo che diventerà la sua cifra stilistica.
Stefano Mudu