Josiah Manzi è stato un membro fondatore della comunità artistica di Tengenenge a Guruve, nonché pioniere del movimento di scultura contemporanea in pietra dello Zimbabwe, iniziato negli anni Sessanta. Mfiti Woman and Snake (1990) era fino a poco tempo fa collocata nei giardini di Harare, un parco centrale che circonda in parte la National Gallery of Zimbabwe. Nella lingua chichewa parlata in Malawi, mfiti significa stregone. In quest’opera, l’artista raffigura una donna seduta che tiene tra le braccia un serpente a due zampe. Curiosamente, sia il serpente sia la donna presentano una fusione di caratteristiche zoomorfe e antropomorfe. Tra i motivi ricorrenti nell’opera di Manzi figurano teste a forma di cono, colli allungati ed esseri in parte umani e in parte animali totemici, come rinoceronti e uccelli. Il metodo di Manzi prevedeva l’ascolto della pietra, la rimozione del primo strato esterno e la comprensione di come essa dovesse essere modellata. Gran parte della sua pratica si ispira alle cosmologie e al folclore africano. Il suo approccio visivo era stato influenzato dalla spiritualità tradizionale del popolo Yao del Malawi, poiché era un chigure – un mascherato della società segreta – che spesso costruiva maschere di legno con il padre.
L’opera di Josiah Manzi è esposta per la prima volta alla Biennale Arte.
—Tandazani Dhlakama