Lina Bo Bardi Leone d’Oro speciale alla memoria
Il riconoscimento all’architetta, designer, scenografa, artista e critica italiana naturalizzata brasiliana.
Leone d’Oro speciale
alla memoria
Sarà attribuito a Lina Bo Bardi, architetta, designer, scenografa, artista e critica italiana naturalizzata brasiliana, il Leone d’Oro speciale alla memoria della 17. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, che aprirà al pubblico sabato 22 maggio 2021 (preview 20 e 21 maggio).
Il riconoscimento è stato proposto da Hashim Sarkis, curatore della Biennale Architettura 2021 e accolto dal Consiglio di Amministrazione della Biennale di Venezia.
Nel proporre questo nome Hashim Sarkis ha espresso la seguente motivazione:
«Se esiste un architetto che meglio di ogni altro rappresenta il tema della Biennale Architettura 2021 questa è Lina Bo Bardi. La sua carriera di progettista, editor, curatrice e attivista ci ricorda il ruolo dell’architetto come coordinatore (convener) nonché, aspetto importante, come creatore di visioni collettive. Lina Bo Bardi incarna inoltre la tenacia dell’architetto in tempi difficili, siano essi caratterizzati da guerre, conflitti politici o immigrazione, e la sua capacità di conservare creatività, generosità e ottimismo in ogni circostanza.
Tra le sue opere spiccano edifici imponenti che con il loro design coniugano architettura, natura, vita e comunità. Nelle sue mani l’architettura diviene effettivamente una forma di arte sociale capace di favorire l’incontro.
L’esempio più alto di questa attitudine è il progetto del Museo di San Paolo, emblematico per la sua capacità di creare uno spazio pubblico per l’intera città, di realizzare spazi interni flessibili e di essere adatto a ospitare esposizioni sperimentali e inclusive, come quelle della stessa Bo Bardi. I titoli delle mostre che vi si sono svolte (“The House as Soul”, “The Dignity of Architecture”, “The Hand of the Brazilian People”) valgono da soli a illustrare molto efficacemente la capacità dell’architettura di unire le persone.
Il Leone d’Oro speciale alla memoria a Lina Bo Bardi rappresenta il riconoscimento, dovuto ormai da tempo, di una prestigiosa carriera sviluppatasi tra Italia e Brasile e di un contributo volto a riconsiderare il ruolo dell’architetto come facilitatore della socialità. Rappresenta infine il tributo a una donna che rappresenta semplicemente l’architetto nella sua migliore accezione.»
L'Instituto Bardi di San Paolo del Brasile, profondamente onorato e grato, dopo aver appreso la notizia del premio ha dichiarato:
«Ringraziamo La Biennale di Venezia per la sua visione nel riconoscere oggi una donna generosa e poliedrica che ha raggiunto in vita così tante persone e continuerà a essere di ispirazione per molte generazioni a venire.»
«Nella sua vita e attraverso la sua opera straordinaria Lina Bo Bardi ha affrontato costantemente la domanda centrale della Mostra Internazionale di Architettura di quest'anno: How will we live together? Purtroppo, come è stato per gli spazi pubblici in tutto il mondo, la pandemia globale ha minato la fruizione dei luoghi iconici da lei progettati in Brasile che da decenni servono comunità e cittadini. In tal senso, la ricezione di questo premio ribadisce la responsabilità dell'Instituto Bardi di trasmettere al pubblico l'importanza dei materiali d'archivio e del lavoro svolto dalla coppia Bardi per tutta la vita, animando così un discorso significativo sul ruolo sociale dello spazio edificato.»
«Ci auguriamo che l'edizione 2021 della Biennale Architettura - piuttosto che accrescere la popolarità di Lina Bo Bardi come icona dell’architettura - contribuisca a contestualizzare e comunicare ancora meglio la profondità della sua visione critica del mondo: prendersi sempre cura di coloro culturalmente meno rappresentati, sempre consapevole dell'importanza della diversità nell'arte e nell'architettura e impegnata in un approccio multidisciplinare a un’architettura che tiene insieme persone di ogni ceto sociale.»
«Il Leone d’Oro Speciale del 2021 risuona per l'impatto delle stesse parole dell'architetto: la vita e l'opera di Lina Bo Bardi non appartengono al passato, ma decisamente al presente. In effetti, sembrano più che mai attuali, come simbolo del patrimonio architettonico e umano.»
Achillina Bo, detta Lina, nasce a Roma nel 1914. Laureata in architettura nel 1939, si trasferisce a Milano dove incontra Gio Ponti. Nel 1944 è co-direttore di Domus con Carlo Pagani e con il sostegno di Bruno Zevi creò il settimanale A - Attualità, Architettura, Abitazione, Arte.
Nel 1947 Lina si trasferisce in Brasile con il marito Pietro Maria Bardi. Tra il 1957 e il 1969 realizza il Museu de Arte de São Paulo (MASP): un grande parallelepipedo di calcestruzzo e vetro che diventerà uno degli edifici più iconici dell’architettura paulista brasiliana. Tra i progetti più noti vi è la sua abitazione di São Paulo, la Casa de Vidro, una scatola di vetro modernista costruita su una collina immersa nella foresta tropicale. Tra il 1977 e il 1986 realizza il SESC - Fábrica da Pompéia, gigantesco centro sociale, ricreativo, culturale e sportivo. Tra il 1980 e 1994 lavora al Teatro Oficina sovvertendo le gerarchie spaziali del teatro borghese. Quella di Lina Bo Bardi è stata l’architettura dell'impegno civile, un’architettura intesa come servizio collettivo, libera dai dettami di una scuola di pensiero; un'architettura moderna e antica allo stesso tempo, popolare, vernacolare e colta, artigianale e non industriale, rispettosa delle tradizioni ma anche innovativa. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1992, il ricordo e il riconoscimento della sua attività è affidato alle cure dell'Instituto Bardi.
Il riconoscimento a Lina Bo Bardi sarà celebrato sabato 22 maggio 2021 nel corso della cerimonia di inaugurazione della Biennale Architettura 2021.
In passato il Leone d’Oro speciale alla memoria era stato attribuito all’architetto giapponese Kazuo Shinohara nel 2010, su proposta di Kazuyo Sejima, curatrice della Biennale Architettura di quell’anno.
L’opera di Lina Bo Bardi era stata presentata alla Biennale Architettura del 2010 in una sala del Padiglione Centrale ai Giardini. In occasione della Biennale Architettura 2004, inoltre, le era stata dedicata una mostra a Ca’ Pesaro nella sezione Metaeventi.
Nota biografica
Achillina Bo, detta Lina, è stata un’architetta, designer, scenografa, artista e critica italiana naturalizzata brasiliana. Nasce a Roma nel 1914. Si laurea in architettura all’Università La Sapienza di Roma nel 1939, l’anno successivo si trasferisce a Milano, dove sarà fondamentale il suo incontro con Gio Ponti. Collabora con riviste di architettura e di costume, tra cui Lo Stile che Ponti fonda nel 1941 (insieme al gruppo di lavoro formato da Gio Ponti, Enrico Bo e Carlo Pagani), Grazia, L’Illustrazione Italiana, Bellezza, Vetrina e Negozio, Cordelia e Tempo con l’obiettivo di diffondere la cultura dell’abitare promossa dal Movimento Moderno. Nel 1944 con Carlo Pagani è co-direttore di Domus. Nel 1945 i due (che avevano avuto uno studio in Via del Gesù 12, distrutto dai bombardamenti del 1943) fondano e dirigono la collana Quaderni di Domus e, con il sostegno di Bruno Zevi, creano il settimanale A- Attualità, Architettura, Abitazione, Arte. Lina Bo Bardi partecipa alla resistenza ed è tra i fondatori del Movimento Studi Architettura (MSA).
Nel 1947, con suo marito Pietro Maria Bardi (critico, storico dell'arte, giornalista e gallerista) abbandona l’Italia per trasferirsi definitivamente in Brasile. Bardi era stato invitato dal giornalista e magnate della stampa, Francisco de Assis Chateaubriand, a dirigere il Museu de Arte de São Paulo (MASP) di cui Lina disegnerà la facciata nel 1947 e il progetto di ampliamento tra il 1956 e il 1968: un grande parallelepipedo di calcestruzzo e vetro che appare come sospeso nel vuoto, sollevato da terra di 8 metri, sorretto da due giganteschi pilastri rossi. Il museo è concepito come un luogo fatto per la gente, con i suoi spazi aperti, le pareti mobili, i supporti trasparenti circondati da ambienti di relazione e di incontro che favoriscono il dialogo sociale. Dopo la sua inaugurazione il museo diventerà uno dei punti di riferimento più iconici dell'architettura paulista brasiliana.
Insieme al marito, nel 1950 fonda una rivista dal nome emblematico: Habitat. Tra i suoi oggetti più noti si annovera la Bowl Chair, progettata nel 1951, la Casa de Vidro, da lei stessa disegnata. La casa è costruita su una collina e si presenta come una scatola di vetro modernista immersa nella foresta tropicale, che nel tempo si è integrata completamente nel paesaggio. In questa opera, come poi nel MASP e in molte altre successive, spicca uno dei motivi predominanti della poetica di Bo Bardi, in forte anticipo sui tempi: il rapporto tra natura e architettura, che nei suoi interventi si configurano sempre come elementi paritetici e comprimari, rapportandosi tra di loro in modo dialettico e osmotico. Oggi la Casa de Vidro è la sede dell'Instituto Bardi.
Bo Bardi tratterà ancora altre volte il tema dell’abitazione monofamiliare, come nella Casa di Valeria Cirell (1958) o nella Casa do Chame-Chame (1959), purtroppo demolita nel 1984.
Alla fine degli anni ’50 Bo Bardi inizia un periodo di vita e di lavoro durato oltre cinque anni a Salvador di Bahia, dove tiene una serie di conferenze alla School of Fine Arts della Bahia University nel 1958. Oltre a moltissimi allestimenti e scenografie teatrali, l’opera architettonica di Lina Bo Bardi a Salvador include anche la ristrutturazione del Solar du Unhão per adibirlo a sede del nuovo Museu de Arte Moderna da Bahia MAMB (Museo di Arte Moderna di Bahia) e il Museo di Arte Popolare (1959-1963), il teatro Gregório de Matos (aperto al pubblico nel 1986), la Casa do Benin (1987) e il restaurante Coatì nel quartiere della Ladeira da Misericordia (1987-1990).
Tra il 1977 e il 1986 progetta il centro sociale SESC - Fábrica da Pompéia a San Paolo, gigantesco centro sociale, ricreativo, culturale e sportivo, con teatri, biblioteche, laboratori fotografici, per la ceramica e per altre attività artistiche, studi musicali e spazi per la danza, con campi da basket e altri sport di gruppo, adattando recuperando e intervenendo con nuove strutture in una vecchia fabbrica di fusti di petrolio. Durante i suoi ultimi dieci anni di vita lavora a numerosi progetti mirati al rinnovamento dell'architettura brasiliana, tra cui il Teatro Oficina (1980-1994), che sovverte le gerarchie spaziali del teatro borghese: non esistono più confini tra gli interpreti, collocati in una sorta di corridoio allungato centrale, e il pubblico che occupa una struttura di ponteggio che lo sovrasta. Con questo lavoro Lina si avvicina più che mai all'idea di architettura che aveva indagato e che si era sforzata di mettere in pratica lungo tutta la sua carriera.
Quella di Lina Bo Bardi è stata soprattutto l’architettura dell'impegno civile, un’architettura intesa come servizio collettivo, libera dai dettami di una scuola di pensiero; un'architettura moderna e antica allo stesso tempo, popolare (amazzonica, meticcia, afro-latina), vernacolare e colta, artigianale e non industriale, rispettosa delle tradizioni ma anche innovativa. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1992, il ricordo e il riconoscimento della sua attività è affidato alle cure dell'Instituto Bardi.
Il periodo post-crisi del 2008 ha visto le posizioni e i temi esplorati da Lina Bo Bardi diventare oggetto del dibattito contemporaneo sulla cultura, l'ambiente, il patrimonio storico e la produzione materiale architettonica. Il suo contributo nel campo del progetto, il metodo e l’attualità delle sue ricerche riescono a esercitare ancora oggi la propria influenza su artisti e progettisti contemporanei.