Le opere di Alexandra Exter attingono al Costruttivismo, al Cubismo o al Futurismo in maniera interscambiabile, proponendo una perfetta sintesi nel segno della fascinazione tecnologica che le accomuna. Dopo aver studiato a Kiev e aver viaggiato tra Mosca, Parigi e Roma, Exter inizia a dipingere figure geometriche che abbandonano la monumentale staticità della pittura accademica. Nei tanti progetti scenografici per il teatro che l’artista realizza a partire dagli anni Venti, ogni costume, oggetto o dettaglio è concepito in perfetta continuità con la scena, proiettando la narrazione in contesti fantastici, utopici e irreali. Nel 1924, Exter lavora al primo colossal sovietico di fantascienza Aelita. Il film muto racconta la storia di un ingegnere russo, che dopo aver intrapreso un viaggio distopico su Marte ed essersi innamorato della sua regina, riconosce nella donna una tiranna e si rivolta contro di lei. Exter costruisce un’ambientazione che collega esteticamente il mondo alieno e quello tecnologico-industriale: i marziani si distinguono dagli esseri umani per una serie di accessori eccentrici fatti di celluloide, Plexiglas e materiali leggeri, che nei bozzetti appaiono come strane protesi metalliche utili a potenziare il corpo per renderlo una macchina ibrida; Aelita indossa una corona fatta di sottili aste disposte a raggera e un lungo vestito verde petrolio che si avvita vorticosamente sul suo corpo seminudo. È un’amazzone iconica e severa, che Exter rende potente e minacciosa grazie alla tecnologia o – forse – come la tecnologia.
Stefano Mudu