“The beginning is the end” (l’inizio è la fine) è scritto sulla fronte di una donna attorno a un pentacolo – un simbolo occulto a forma di stella che evoca fenomeni magici. La scritta può essere letta in ciclo continuo: un mantra, forse, per la regista sperimentale Maya Deren, che sceglie l’attrice Pajorita Matta per vagare da un rituale all’altro nel cortometraggio surrealista The Witch’s Cradle (1943). Si tratta di uno dei lavori meno conosciuti di Deren, realizzato poco prima di Meshes of the Afternoon (1943) – quest’ultimo considerato uno dei film sperimentali più influenti nella storia del cinema americano. Abbandonando gli archi narrativi classici, il filo conduttore in questa storia si fa strada da una mano furtiva a una stanza buia, serpeggiando sul collo di una giacca per tornare a delle mani aperte. Il film si apre con un primo piano del naso e delle labbra di Matta per poi saltare rapidamente a un uomo, interpretato da Marcel Duchamp, con uno spago aggrovigliato tra le dita; poi mostra un cuore che batte, un’inquadratura persistente, che rende il pubblico improvvisamente consapevole del proprio ritmo interno. Parte integrante della scena bohémienne del Greenwich Village, Deren crea opere dai tratti indomitamente femministi, anti-establishment, spirituali e curiosi che attraversano cinema, danza, poesia, fotografia e teoria. Morta all’età di quarantaquattro anni, ha lasciato un segno indelebile per generazioni di artisti e cinefili a venire.
Isabella Achenbach